Cosa differenzia una manifestazione vinicola da un’altra? La location, sicuramente. La cornice all’interno della quale si svolge un evento ne influenza la fruibilità e quindi la godibilità per i presenti, siano essi espositori od avventori. I vini proposti, altrettanto naturalmente. Una fiera “monografica” dedicata al Verdicchio dei Castelli di Jesi, tanto per citarne uno, sarà sicuramente diversa da una fiera più generalista che accoglie produttori da tutta Italia. Il pubblico a cui è rivolto l’evento, anche. Fiere aperte ai soli operatori sono altra cosa rispetto alle sagre che attirano un pubblico quanto mai variegato

 

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Ma, a mio modesto modo di vedere, quello che differenzia maggiormente una manifestazione vinicola da un’altra sono le persone coinvolte e le idee che le muovono. Sorgente del vino live è stato un bell’evento. Si respirava il desiderio di farsi conoscere, con semplicità e franchezza, emanato dai tanti produttori riuniti a Piacenza e si vedeva la voglia di apprendere del numeroso pubblico accorso da tanta Italia. È stato il luogo ideale dove far incontrare la domanda (di vino, ma soprattutto di conoscenza) con l’equivalente offerta. È stato un ritrovo festoso dove passare alcune ore a chiacchierare in maniera disinvolta con produttori sinceri ed appassionati

 

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Molto bella l’immagine evocata della “sorgente” del vino, del luogo da cui esso sgorga, rappresentata dalla perfetta unione fra la terra che dà nutrimento alla vite ed i vignaioli che ne curano la crescita. Belli i Bastioni di Porta Borgetto a Piacenza anche se chi per sua sfortuna era stato sorteggiato nelle stanzette del seminterrato non era nelle condizioni ottimali per far degustare i propri vini. Ma un cambiamento di location era d’obbligo dopo il grande successo di pubblico ottenuto dalle ultime edizioni dell’evento che rendevano proibitivo ripetere ancora l’evento negli spazi risicati di Agazzano. Eccezionale lo spirito dei vignaioli, dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, che hanno proposto i frutti della loro dedizione

 

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Alcuni di essi in particolare mi hanno colpito, per i loro vini e per il loro modo di approcciare la viticoltura, con semplicità e competenza. Partendo dalla Sicilia e da quello che, per finezza e potenzialità, può essere a ragion veduta  considerato il Pinot nero del sud: il Nerello Mascalese. L’azienda Etnella ne propone una versione di grande eleganza ottenuta da vigneti fra i 600 ed i 700 metri sul livello del mare nel comune di Linguaglossa: il Notti Stellate. L’annata 2010 è un’esplosione di sapori di piccoli frutti rossi molto maturi, ma che non travalicano mai la linea immaginaria della freschezza, con importanti richiami speziati e minerali che rimandano alla terra vulcanica di provenienza. Davvero un gran bel vino che comunica in maniera fedele il proprio territorio

 

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Si passa lo stretto di Messina e, attraversata la Calabria, si arriva nell’affascinante terra del Vulture, patria di Aglianico fenomenali. Il rosato 2012 dell’azienda Carbone di Melfi colpisce per freschezza, beva e morbidezza. Un rosato godibilissimo in cui la sostanza è assoluta protagonista ed accarezza il palato come un nettare rinfrescante. Di autoctono in autoctono si risale la penisola fino a giungere in Toscana, casa del vitigno più coltivato d’Italia: il Sangiovese, che nell’area del Chianti Classico sa ancora regalare perle di rara veracità. Il Grosso Sanese 2007 di Podere il Palazzino è un Sangiovese pieno e maturo, le cui vigne crescono su suolo ricco di galestro (terreno principale di Montalcino) conferendo al vino finezza e struttura. Un bicchiere che si beve con gioia e che chiama a gran voce una bistecca al sangue. Un sorso di vera Toscana

 

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Il viaggio verso nord mi porta a saltare dalla Toscana all’altra terra di grandi rossi italiani: il Piemonte. Sul confine meridionale della Langa si trova il paese di Dogliani, rinomato per i Dolcetto che su questi colli trovano una terra elettiva dove mettere radici. Uno dei nomi che ha contribuito a far conoscere il Dolcetto di Dogliani nel mondo è sicuramente quello di Nicoletta Bocca e della sua cantina: San Fereolo. I suoi sono Dolcetto di struttura, adatti al lungo invecchiamento (così come le Barbera) e lo dimostra l’interessante verticale portata per l’occasione, nella quale spicca per complessità e bilanciamento il 2004, eccellente esempio delle potenzialità inesplorate di questo vitigno

 

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Il percorso si chiude fra le valli del Trentino, più precisamente a Cavedine, dove Giuseppe Pedrotti produce una Nosiola fresca e sognante, cui tre giorni di macerazione a freddo donano mordente e costrutto. Uno dei grandi bianchi italiani ancora troppo poco noto che meriterebbe di essere conosciuto ed apprezzato per le sue qualità uniche di verticalità e finezza

 

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Sono le persone che contano, non ve lo dimenticate

Il Fede

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati