Sono più di 150 anni che Milano ha un salotto nel salotto: il Ristorante Savini, in Galleria Vittorio Emanuele. Ma cosa vuol dire oggi essere un Ristorante storico, in un luogo così prestigioso, e aprirsi anche alla cultura dei giovani, che apprezzano il buon cibo ma lo scoprono con app, internet, e dritte digitali? Come affermarsi in un contesto moderno e conservare la preziosità di una storia centenaria? Ne abbiamo parlato tra blogger e giornalisti a pranzo al Savini, con un menù strepitoso e in compagnia del Management del Savini, scoprendo passo per passo il percorso intrapreso per rimanere un grande nome.

Ecco cosa è emerso per primo: il Savaini ha una storia che altri non hanno, una storia da raccontare e che si respira tra le sue mura. E’ un primo antipasto da offrire, che non deve essere trascurato.

Savini_foto_ristorante_saletta privata

Savini_foto_GalleriaVittorioEmanueleEccone un assaggio. Sorto nel 1867, e rinnovato più volte, al Savini sono passate generazioni di politici, uomini e donne di spettacolo internazionali, artisti, intellettuali, letterati e personaggi del mondo lirico: qui sono custoditi pezzi di storia importate. Ricordiamo Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Giovanni Verga, Gabriele D’Annunzio, Arturo Toscanini, Totò, Henry Ford.  Si racconta che proprio nelle salette private del ristorante, Tommaso Marinetti ha dato vita al movimento del futurismo scrivendo qui il celeberrimo Manifesto.

Il Ristorate si sviluppa su tre piani e fu inaugurato come birreria,  presto venne rilevato da Virgilio Savini e trasformato in uno dei luoghi più frequentati della città, segnando così l’inizio di una leggenda che da più di un secolo contribuisce alla storia della città meneghina. Danneggiato pesantemente dai bombardamenti della Grande Guerra, venne restaurato e ritrovò il suo splendore mantenendo sempre altissimo il livello della cucina offerta. Lo stesso Charlie Chaplin affermò “Non ho mai mangiato così bene che al Savini!”.

Si narra che Maria Callas fosse solita incontrare qui segretamente il magnate Aristotele Onassis, in una saletta riservata con ampia vetrata sulla Galleria. Una volta resa pubblica la loro storia, la coppia è stata vista più volte cenare qui ed è per questo motivo che, ancora oggi, l’angolo più romantico e riservato del ristorante è a lei dedicato.

Savini_foto_saletta privata vista Galleria

Negli anni il Rstorante venne rilevato da proprietà diverse e più volte fu rinnovato. Ma arriviamo ad oggi: il Savini è un perfetto mix di tradizione e innovazione. La tradizione, che si esprime ancora oggi negli arredi d’interno e nei quadri originali dell’800 che arricchiscono le sale del ristorante, si affianca alla modernità rappresentata della cucina a vista e dal menù creativo dello chef Giovanni Bon.  Oggi il Savini sorprende con  uno staff giovane e dinamico,  una proposta culinaria gourmet e una vista esclusiva sulla meravigliosa Galleria Vittorio Emanuele.
Con 50 coperti e due salette private dove poter pranzare o cenare in perfetta solitudine e riservatezza, il Ristorante Savini è garanzia oggi di un servizio di altissimo livello, di una cucina caratterizzata da ingredienti freschi e ricercati e di un’attenta cura al cliente. Il Ristorante si è adattato alle esigenze e alle aspettative della clientela di una Milano contemporanea, diventando un ristorante dove poter organizzare cene per le grandi occasioni – anniversari, compleanni, matrimoni – ma perfetto da vivere anche tutti i giorni, per un business lunch o un pranzo durante una giornata di shopping, per una cena dopo una visita ai musei o per un dopo teatro.

Ma torniamo un attimo allo staff: in cucina l’età media è di 25/26 anni. Qui i giovani più che trovare un lavoro sposano un progetto: creare il futuro di un brand storico. Per questo nulla è lasciato al caso è il futuro è già presente. I piatti si studiano con un anno di anticipo; si lavora alle collezioni come nella moda mettendo sempre al centro il cliente, con le sue esigenze, con i suoi desiderata.

Di tutto questo abbiamo parlato assaporando un menù incantevole, che via accenno a parole e che vi lascio gustare con gli occhi prima di invitarvi a provarlo. Le danze si sono aperte con Gambero Rosso alla Catalana e chupito di Caipirinha; abbiamo proseguito con uno Scampo leggermente affumicato, farcito di cioccolato guanaja e favette fresche con trasparenza di consommè di crostacei ai pistilli di zafferano. Il sodalizio tra gambero e cioccolato era davvero degno di nota.

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Come primo piatto la meraviglia delle meraviglie: riso in verde al profumo di basilico, lupini di mare al forno e salsa Riesling. Mai mangiato un risotto tanto profumato.

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E’ stato poi servito un Filetto di triglia alla plancia con asparagi bianchi, lardo di colonnata e acqua di pomodoro.Delicatissimo, eppure intenso.

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E per concludere in divina dolcezza abbiamo degustato una rivisitazione moderna della classica torta di carote: Bignè ripieno di mousse alla carota, carote baby osmotizzate, mousse al cioccolato bianco e Philadelphia, germogli di menta.

Che dirvi ancora? Solo che non vedo l’ora di tornarci.

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Articolo scritto e redatto da Mara Stragapede | Tutti i diritti sono riservati 

 

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