Il maratoneta è un umano un po’ particolare che sotto lo stress del chilometraggio vive in una dimensione sospesa tra quello che vorrebbe fare e quello che, invece, è meglio che faccia se non vuole avere sorprese il giorno della gara. L’allenamento è tosto. Un maratoneta si allena almeno quattro volte alla settimana e nella fase clou della sua avventura si sente quasi la sommatoria di diverse metà, persone che rappresentano al meglio le sue manie, i sui rituali e anche i suoi stessi timori.

Le metà del Maratoneta

Il maratoneta è per metà un monaco ed un motorino. Il monaco per la pianificazione degli impegni calibrati in base al chilometraggio in programma non solo nel corso della settimana, ma soprattutto nel weekend. Se potesse scegliere di vivere in isolamento dedicandosi in modo esclusivo al raggiungimento del suo obiettivo lo farebbe volentieri. Il motorino perché oltre alle normali attività quotidiane che scandiscono la vita di una persona, il maratoneta deve fare una sola cosa: finire la fase del rodaggio e macinare più chilometri possibile. La tabella di marcia è intransigente, il coach ancora di più!

Le metà del Maratoneta

Il maratoneta è a metà tra un ipocondriaco e un supereroe. Condivide con l’ipocondriaco la costante paura di ledere qualche parte del suo corpo e la conseguente scelta di limitare al massimo i rischi da intraprendere. Cross training elettivo, rinvio delle novità e selezione accurata dei medici o fisioterapisti sono dei sintomi facilmente decifrabili. Al contrario, quando porta a termine un lungo o un lunghissimo ha in corpo un tasso tale di endorfine da sentirsi imbattibile, minimamente scalfito nella stanchezza e disposto a qualunque cosa possa vederlo coinvolto.

Il maratoneta è a metà tra un esperto nutrizionista e un ingordo di carboidrati. In qualche modo, deve aver scoperto che il peso corporeo influisca sulle performance e sulla base di questo assunto calibra l’introito di calorie, soppesa gli slanci di golosità in modo da ottenere, anche in questo campo, il suo obiettivo. Ovviamente, tutto viene sovvertito prima dei soliti lunghi e lunghissimi dove l’assunzione di carboidrati diventa una fede, non solo una necessità ed ogni alimento si può trasformare in preziosa scorta.

Il maratoneta è a metà tra un eterno insoddisfatto e la parte migliore di sé. Ogni allenamento è perfettibile. Ogni chilometro avrebbe potuto essere spinto più al limite. Quel tendine che si faceva sentire a metà del quindicesimo chilometro ha inficiato la ripresa sperata nella seconda parte dell’allenamento. La stanchezza attanaglia e la consapevolezza di fare un lavoro differente per il resto della giornata e della settimana non sono sufficienti attenuanti. Si può sempre dare di più. L’analisi dei dati del Garmin, però, riserva sempre delle sorprese gradite, qualche record sul chilometro, l’allenamento più lungo, la distanza percorsa con il passo più veloce e costante. Non proprio tutto è da buttare, si può salvare qualcosa ed esserne gioiosi.

Vivere con un maratoneta non è facile, ma non è neanche sempre così enigmatico. Se li frequenti, impari a capirli, impari a prevenire i loro estremi, a partecipare alle loro gioie e a supportarli nelle corse più lunghe o nei momenti in cui vorrebbero abbandonare l’avventura per tornale alla normalità. Ma, forse, neanche loro sono consapevoli del fatto che la normalità per loro ha un sapore ormai differente e quel sapore li ha assuefatti da creare quasi una sorta di dipendenza. La normalità per loro è vivere in bilico positivo come dice Jovanotti:

La vertigine non è

paura di cadere

ma voglia di volare…

Il maratoneta non corre, vive la corsa e vola sopra i chilometri verso la finish line.

Le metà del Maratoneta

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Articolo scritto e redatto da FRANCESCA TOGNONI | Tutti i diritti sono riservati

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