Ci sono persone che ci mostrano che si può fare. Nei colli tortonesi, piccola e spesso bistrattata DOC piemontese, c’è un’azienda vitivinicola che ha fatto del “si può fare” il proprio marchio di fabbrica. In questa terra che è all’incrocio di quattro regioni, un brianzolo appassionato da sempre di vino ha iniziato nel 1998 ad inseguire il sogno di produrre il proprio. Acquistando i primi 4 ettari nel comune di Pozzol Groppo, proprio al confine con la Lombardia, Paolo Carlo ha impresso il primo “si può fare”: si può impiantare un vigneto ed iniziare a coltivare la vite pur continuando a svolgere il proprio lavoro, così nasce la Cascina i Carpini

 

Le idee sono chiare da subito: cercare di prediligere i vitigni autoctoni, non disdegnando piccole divagazioni in altre terre, che però non mutino il carattere del vino. Per cui i due principali varietali impiantati sono stati Barbera e Timorasso, e che impianto. Con grande lungimiranza l’impianto della vite è stato eseguito come se le lavorazioni dovessero essere fatte a macchina, in modo tale che poi, lavorandoci a mano, il tempo necessario alle singole operazione fosse ridotto al minimo. Il secondo “si può fare” lo si trova nell’orientamento delle vigne, a seguito di un lungo studio dei venti e delle correnti, si possono disegnare i filari in modo che il vento proveniente dal mare li pettini delicatamente, rinfrescando i grappoli anche nei momenti di grande calura

Lo studio della falda, dei venti, del terreno è stato così minuzioso che una piccola zona della vigna è stata dedicata alla coltivazione attigua di cinque varietali bianchi. Cinque uve diverse con cinque epoche di maturazione diverse, ma con l’idea un po’ folle ed un po’ geniale, e come si dice il confine fra i due mondi si misura col successo, di vendemmiare tutti e cinque i vitigni insieme per produrre un unico vino. E anche qui Paolo ha dimostrato che “si può fare”, studiando dalla finestra di casa le varie tonalità di verde assunte dall’erba in quell’angolo di terreno, si possono portare a maturazione praticamente contemporanea cinque vitigni bianchi diversi ottenendo il Rugiada del Mattino

Abbiamo iniziato a parlare di vini, trasferiamoci quindi in cantina dove ci attendono molti altri “si può fare”. Partendo dal vitigno bianco principe della zona: il Timorasso, che viene proposto con due vesti inusuali ed accattivanti. Ma prima una doverosa premessa, un’altra delle idee di Paolo è l’utilizzo esclusivo di lieviti autoctoni, per cui la cantina, sterilizzata a dovere prima della fermentazione, permette di evitare lo svilupparsi di lieviti diversi da quelli tipici degli uvaggi utilizzati. Tornando al Timorasso ci sono almeno due “si può fare”: si può lasciare il mosto di Timorasso a contatto con le bucce per svariati giorni, senza far partire la fermentazione, donando al vino una carica aromatica eccezionale, Brezza d’Estate, e si può ottenere uno spumante di Timorasso in purezza con un’acidità naturale tale da permettergli di durare negli anni senza alterarsi, Chiaror sul Masso

L’altro principe, o sarebbe meglio dire principessa, della regione è la Barbera. Anche in questo caso le vesti che vengono confezionate addosso a questo ammaliante vitigno sono due. Da un lato una veste più leggera, svolazzante, fresca e vivace, ottenuta da passaggi solo in acciaio che lasciano immutati i caratteri olfattivi tipici del vitigno, ottenendo un vino con una carica aromatica che stordisce, ottunde i sensi e fa sognare, il Sette Zolle. Dall’altro lato una veste più elaborata, ricamata, con stoffe più pregiate, che gode di passaggi in tonneaux non nuovi per affinare senze appesantire, per donare un corpo ed una struttura importante ed un’equilibrio stupendo, il Bruma d’Autunno. Si può fare anche questo

Poi, se si ha un po’ di fortuna, se una buca sulla strada fa sobbalzare la macchina, se nel bagagliaio della macchina c’era una magnum con capsula in ceralacca, se il sobbalzo fa rompere la ceralacca e quindi la bottiglia non può più essere consegnata al cliente, allora può capitare di assaggiare anche la Fine del Mondo. Perchè a Cascina i Carpini si può anche fare un vino che è la fine del mondo e che proprio a dicembre di quest’anno raggiungerà il picco di maturazione. Un vino che per ora è stato fatto solo dalle uve Barbera della vendemmia 2007 e mai più riproposto, un vino che, come tutti i grandissimi, trascende il vitigno di provenienza e diventa qualcosa di più. Di più avvolgente, di più emozionante, di più carico, di più elegante, di più vivo

 

 

Se con queste poche righe sono riuscito a stuzzicare la vostra curiosità non vi resta che passare in cantina per scoprire che in realtà i “si può fare” sono molti, ma molti di più

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati