La Sicilia è femmina, indubbiamente femmina. E ciò non dipende solo dal suo nome che la qualifica come tale, ma da tante piccole e grandi caratteristiche che ne fanno inoppugnabilmente un esponente del sesso femminile. A partire dalla forma triangolare (chi ha letto Dan Brown si sarà già sorbito tutte le elucubrazioni del caso su triangoli e femminini sacri), dalla propria storia fatta di conquiste straniere in cui i conquistatori arrivavano da vicino e da lontano pur di possederla e poi si fermavano per secoli, innamorandosene perdutamente e, come Ulisse sull’isola di Circe, dimenticandosi della propria patria

 

 

Cosa ci può essere allora di più siciliano di una cantina completamente al femminile? Sto parlando delle Cantine Barbera, piccola grande realtà vitivinicola ubicata nella piana menfitana, a due passi passi da quel mare amato e temuto da tutti i siciliani, che ha sempre dato vita e portato invasori. Gestita dalla vulcanica Marilena Barbera e dalla madre Nina questa bella azienda riesce a coniugare un forte radicamento nelle tradizioni viticole della propria terra ad un’impostazione moderna e molto social

 

 

 

Le vigne, ubicate nelle zone maggiormente vocate ed i cui primi impianti risalgono agli anni ’20, seguono l’idea francese dei cru. Piccoli appezzamenti in cui, a seguito di attente analisi sulle potenzialità del terroir, si decide di piantare il varietale più adatto e solo quello, ottenendo quindi vini da singolo vigneto. Il lavoro in vigna è orientato verso il massimo rispetto dell’ambiente e delle persone che ci lavorano, la vegetazione spontanea viene lasciata attorno alle viti per permettere un proficuo scambio fatto di nutrienti e di fauna utile, che consente anche di diminuire le patologie della vite stessa. In cantina si sta procedendo verso una sempre maggiore preponderanza del tandem vitigno-terroir sull’enologia. Le fermentazioni avvengono esclusivamente con lieviti indigeni e l’utilizzo della solforosa è ridotto al minimo, ottenendo quindi dei vini che recano indelebile il timbro del terreno da cui provengono

 

 

 

Il primo passo alla scoperta delle cantine Barbera non poteva che essere fatto in compagnia della Bambina 2011. Un rosato di Nero d’Avola ottenuto dalla macerazione sulle bucce per 5 ore direttamente in pressa. Un vino profumato e gradevole, che conserva intatto il frutto tipico del varietale, abbandonando la trama tannica a favore di una maggiore freschezza e leggiadria. Un bel vino da bere, e bere ancora. Lasciata la Bambina si fa la conoscenza con un vitigno autoctono siciliano, l’Inzolia nelle due vesti: base e cru, ovvero il Dietro le Case. In particolare questa seconda espressione, ottenuta da vigne di oltre quarant’anni è di grande interesse. Il terreno di base è calcareo e ricco di scheletro e dona al vino una nota sapida marcata, che va a rinforzare quella conferitagli dall’influsso del mare. Se ne ottiene un vino lungo che colpisce al naso per i profumi di frutta gialla e leggermente balsamici e che difficilmente abbandona la bocca. La prova che l’Inzolia può diventare un grande vino se fatto con criterio

 

 

 

Altro cru particolarmente avvincente è il Piana del Pozzo. Chardonnay in purezza ottenuto da terreni argillosi e con un naso decisamente tendente al tropicale, senza mai perdere la sapidità tipica di questa zona della Sicilia. Un vino che, dopo la fermentazione svolta per un 20% in barrique, vede solo acciaio prima di essere imbottigliato e che dimostra anche un bel potenziale di invecchiamento. Si passa quindi ai rossi partendo dal Nero d’Avola, o meglio dalla Nera d’Avola, per rispettare la femminilità della cantina. Ottenuto da un vigneto esposto verso sud, che guarda il mare e che da esso viene influenzato. Di colore intenso, profumo spiccatamente fruttato, di piccoli frutti rossi maturi, e di grande beva. Un bel vino da pasto, di quelli che svuoti la bottiglia senza accorgertene

 

 

Si arriva infine ai cru rossi, in particolare due mi hanno colpito. Da una parte il Microcosmo e dall’altra l’Azimut. Il primo, perfetta espressione di sicilianità, è un blend di Perricone e Nerello Mascalese che matura per 12 mesi in barrique. Il naso è d’impatto, parla di frutta matura, di erbe aromatiche, di mare ed in maniera minore di legno. In bocca è un vino setoso, con un tannino morbido e rotondo sostenuto da una bella acidità. Il secondo, Merlot in purezza ottenuto da terreni argillosi freschi, è un vino elegante e raffinato, con profumi sì di frutta, ma anche di fiori e di cacao, che in bocca rivela densità ed una piacevole avvolgenza. Un grande vino. Ancora più grande dopo aver avuto modo di assaggiare l’annata 2001, ottenuta senza aggiunta di solfiti. Un vino ancora vivo e teso, invecchiato perfettamente mantenendo tutte le caratteristiche proprie intatte e guadagnandone in eleganza. Alla faccia di quelli che dicono che senza solfiti i vini non durano

 

 

 

Un bel viaggio nella Sicilia vinicola al femminile, da ripetere con più calma

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati

1 risposta

  1. Marilena

    La tua visita in cantina è stata per noi un vero piacere Federico, e sono felice che la Sicilia ti abbia lasciato negli occhi e nel cuore tutte le emozioni che racconti.
    Ti aspettiamo presto a degustare i nuovi vini della vendemmia 2012!
    Marilena