“Possiamo fare grandi vini solo perchè ci sono ottimi intenditori”.

Con una chiusa decisamente elegante Mime Alice Paillard congedava gli ospiti della Baita Gardonè in una sera di inizio settembre. A quota 1800 m, in un baita deliziosa nella Val di Fiemme, quel giorno c’ero anch’io e si parlava di champagne. Grazie all’invito della Maison di Champagne Bruno Paillard e all’ospitaità del Montain Resort Ganischgerhof ho trascorso una serata piacevolissima e ho imparato un sacco di cose interessanti sul mondo dello champagne.

 

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Se almeno una volta avete provato uno tra gli Champagne Bruno Paillard avrete memorizzato il nome della Maison ma, probabilmente, non ne conoscete la storia. Ve la racconto in breve, ripercorrendo il racconto di Alice – AD e figlia de fondatore – che prima di accompagnarci nella degustazione di 8 millésime, ci ha spiegato come è nato quel piccolo impero familiare e come l’eccellenza della Maison sia il frutto di una filosofia sempre fedele a se stessa, che mette la qualità a cardine di tutta la filiera produttiva.

Bruno Paillard è nato da un’antica famiglia di viticoltori e mediatori in Champagne; nel 1975 ha iniziato la sua attività di mediatore per poi creare, nel 1981, la propria maison di champagne. Pur essendo la casa più giovane del settore, la Maison Bruno Paillard oltre a essere a gestione familiare è anche una delle poche totalmente indipendenti.
Proprietaria di un vigneto di grande qualità – 32 ettari di cui 12 in territori Grands Crus –  ha una produzione annuale tra 4 e 500.000 bottiglie.  I numeri non sono enormi e questo è un primo indice di eccellenza.

Alice ci ha spiegato che gli Champagne Bruno Paillard sono prodotti secondo i metodi più tradizionali, con le migliori uve disponibili nel cuore della Champagne e di cui si utilizza solo la prima spremitura, ossia i primi 5 ml per ogni kg di uva impiegata. Oltre all’uva di proprietà viene utilizzata quella di viticoltori indipendenti di circa 30 villaggi, dopo una selezione attentissima. Mi ha affascinato sapere che la ricchezza dello champagne deriva  dalla capacità di impiegare al meglio un territorio di per sè povero,  soggetto alle influenze oceaniche e a microclimi differenti. E che per questo la lavorazione del terreno fa la differenza e necessita di specifiche competenze.

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Ho scoperto anche che le dimensioni delle bollicine sono un indice importante e sono molto piccole negli champagne di qualità. Anche la presenza dello zucchero non va assolutamnete sottovalutata e nelle referenze Paillard è ridotta al minimo per rispettare il principio di purezza. Ogni bottiglia porta la data di sboccatura poi, indicazione che la Maison Bruno Paillard per prima ha adottato per tutti i propri vini.  La sboccatura è l’operazione che consiste nell’estrarre i depositi formatisi con la fermentazione in bottiglia. Il dosage (o aggiunta di zucchero) avviene prima di tappare definitivamente la bottiglia

Sono davvero tantissime le curiosità sul mondo dello champagne e per me alcune son state del tutto inaspettate.

Dopo l’ introduzione sulla Maison siamo entrati nel pieno della serata degustando 8 millésime che  simboleggiano, dal 1994 a oggi, 10 anni di eccellenze superlative.

A darne valore immediato ci sono le etichette di ogni bottiglia. Si tratta di riproduzioni di opere d’arte che lo stesso Bruno Paillard seleziona,  cercando un’assonanza visiva con ogni millésime. I millésime degustati erano di due macrocategorie: Brut Assemblage Millésime e Brut Blanc de Blancs Millésime. I primi composti da uve Chardonnay e Pinot  Noir in percentuali di volta in volta differenti, provenienti da terreni diversi e con specifici tempi di attesa prima della sboccatura – volendo sintetizzarne al massimo le carateristiche base – i secondi invece sono prodotti solo con Uve Chardonnay provenienti da precisi terreni. Ognuno gode dei benefici climatici di annate eccezionali e delle expertises della Maison Paillard.

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Abbiamo concluso la serata con un’ottima cena preparata dallo schef stellato Alessandro Gilmozzi . Vi lascio un’immagine della portata che ho preferito.

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Vi consiglio vivamente di raggiugere la Baita Gardonè se avete in programma un passaggio in Val di Fiemme. Se avete poco tempo a disposizione potreste ripetere quanto fatto con i miei compagni di press trip: partenza dal Resort Ganischgerhof (ospitalità ottima e stanze con vista mozzafiato) con una piacevole passeggita seguendo il percorso Latemarium. Si tratta di una camminata leggera che attraversa un territorio incantevole, tanto da essere riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio Naturale dell’Umanità. Le piccole piazzole di sosta, tra l’altro, con totem didattici, lo rendono particolarmente adatto al passaggio di bambini e ragazzi.  Potreste fermarvi a pranzo al Platzl Mountain Lounge Obereggen ( dove non potete perdere i canederli dolci, divini) e da qui, in meno di mezz’ora, approderete alla Baita Gardonè. Con un bicchiere di Champagne Bruno Paillard concluderete in bellezza una giornata da ricordare.

 

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Articolo scritto e redatto da Mara Stragapede | Tutti i diritti sono riservati